CSI viene in aiuto a cristiani e yazidi

Fine agosto 2014: CSI ha visitato dei rifugiati cristiani e yazidi nel nord dell’Iraq. La maggior parte di loro non possiede altro che i vestiti indossati al momento della fuga. Sono scoraggiati e hanno bisogno di aiuti. Abbiamo distribuito cibo e prodotti igienici a più di 1000 famiglie.

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«Il cristianesimo sparirà completamente dal Medio Oriente», esclama tristemente William Warda, presidente di Hammurabi, il nostro partner in Iraq. John Eibner ed io, lo abbiamo incontrato a fine agosto ad Erbil, città dell’Iraq settentrionale, in cui la disperazione è totale. I quartieri cristiani accolgono oltre 20 campi profughi, altri rifugiati vivono presso parenti o nelle case di cristiani caritatevoli. Non è raro vedere più di venti persone dividere lo stesso appartamento.

Centinaia di migliaia, tra di essi molti cristiani e yazidi, in fuga dai miliziani dell’IS (stato islamico), hanno trovato asilo nella regione curda del Nord Iraq. Nessuno di coloro che abbiamo incontrato, guarda al futuro con speranza. Tutti vogliono lasciare il paese. Anche i più ostinati all’idea di dover abbandonare la loro terra, hanno perso coraggio ed ora vogliono emigrare.

Il problema è che la maggior parte di loro, a causa di questa fuga precipitosa, è senza documenti. «Avevo cinque minuti per andarmene», ci racconta un prete di Qaraqosh. Un giorno, potranno ritornare a casa? Ritroveranno la propria dimora, resterà qualcosa dopo i saccheggi? La maggior parte dei profughi non ha risposta a queste domande e, fatto grave, non esiste alcun contatto con le loro regioni di provenienza.

Quello che di più mi ha scosso, è che adesso molti dei vicini di casa con i quali i profughi avevano vissuto per anni, fanno causa comune con i terroristi dell’IS, aiutandoli a cacciare via i cristiani e saccheggiando le loro case!

Migliaia di yazidi sono stati uccisi

L’IS considera kuffar (infedeli) tutti i cristiani. Centinaia di migliaia di loro sono stati scacciati e, ai punti di controllo, derubati di tutto quanto possedevano. La situazione degli yazidi, invece, è ancora più drammatica. Devono temere per la propria vita perché gli islamisti, che li considerano adoratori del diavolo, sono determinati a sterminarli tutti. Secondo uno sceicco yazida migliaia di loro sono già stati uccisi, mentre le donne sono state rapite, convertite forzatamente all’islam, violentate, vendute. Un esperto locale dei diritti umani ci ha riferito che al momento stesso, nella provincia siriana di Raqqa, era possibile comprare una yazida irachena per 80 euro.

Tra Dohuq e Zakho, vediamo numerose case in costruzione nelle quali i piani inferiori si sono trasformati in rifugio di fortuna per i profughi. Accompagnati dallo sceicco, passiamo accanto a un campo dell’ONU dove ne stazionano alcune decine di migliaia. Persino qui sono tormentati dai musulmani, dice il nostro accompagnatore. Solidarietà da parte loro non ce n’è, soltanto scherno. «I musulmani che passano con la macchina davanti al campo, si fermano per ridere dei poveracci e per ingiungerli di convertirsi all’islam».

I cristiani ricevono sostegno e aiuto dalle chiese, da CSI o da altre organizzazioni umanitarie, ma non esistono istituzioni simili che aiutino gli yazidi. Siamo così toccati dalla loro sorte che, insieme ai nostri partner di Hammurabi, decidiamo di rilasciare una parte del nostro aiuto a queste famiglie abbandonate a se stesse.

Da questo lato invece, sette famiglie, ovvero 48 persone, vivono in una tenda polverosa. Un po’ più in là, altre otto famiglie, in tutto 53 persone, sono ammassate nell’aula di una scuola. Proseguiamo a piedi verso un ospedale non più funzionante. Degli infelici sono seduti per terra e ci guardano smarriti. Il proprietario del vecchio stabile rifiuta di lasciarvi entrare i profughi, lo usa come deposito. Da tre settimane i rifugiati sono in questa situazione: i primi due giorni hanno ricevuto viveri dall’ONU e da allora, più niente. Altre famiglie yazide vivono in un ovile, i loro bambini sono tormentati da parassiti.

Quando torniamo alla macchina, un giovane mi chiede: «Ci potete aiutare?». Parla benissimo l’inglese studiato a Mossul: «Ogni giorno gli altri studenti mi tormentavano, solo per il fatto di essere di etnia diversa». Gli diamo cibo e prodotti igienici. Poi, mi pone la stessa domanda fatta da tanti altri e che mi è rimasta impressa nella mente: «Pensi che avremo un avvenire in Iraq?» Non lo so. Prima di tutto devono pensare a superare l’inverno, che può essere molto duro nelle montagne del Kurdistan. Se poi si aggiunge anche la pioggia, questi profughi senza tetto si troveranno davvero in una situazione molto difficile.

Adrian Hartmann


Appello di Padre Gabriele, del monastero Santa Maria a Alqosh

«Noi iracheni amiamo la vita. Tutto quello che vogliamo è poter vivere nel nostro paese in sicurezza e pace, come il resto del mondo. Non vogliamo più conflitti, non vogliamo più guerre. Ne abbiamo abbastanza di tutta questa distruzione. Il governo iracheno non è in grado di garantire la sicurezza. Lancio un appello ai paesi occidentali, iniziatori di questa guerra, a portarci ora anche la pace […]

Il mondo intero deve aiutare a proteggere le minoranze in Iraq, la nostra civilizzazione e la nostra stessa esistenza è in pericolo. Non vogliamo essere degli stranieri nel nostro pae­se, ma non vogliamo nemmeno emigrare. Questa è la nostra patria e vogliamo viverci in pace. Se i paesi del mondo non agiscono, perderemo la nostra vita, la nostra terra, il nostro paese. Saremo senza patria e sparpagliati per il mondo.

Grazie di essere venuti a visitarci!»


 Chi sono gli yazidi?

Essi sono una minoranza religiosa molto antica, di origine probabilmente curda. Vivono principalmente nel nord dell’Iraq, Iran, Siria, Caucaso del Sud, Russia e sud-est della Turchia, e sono presenti con una diaspora importante in molti altri paesi. Di solito non hanno contatti con altre etnie, persone di confessione diversa non possono assistere ai loro servizi religiosi, e non è possibile convertirsi allo yazidismo. Nei loro rituali, si ritrovano elementi di cristianesimo, giudaismo, islam e di antiche religioni perse; inoltre, credono in un unico Dio, che ha affidato l’amministrazione del mondo a sette angeli. Una figura centrale della loro pratica religiosa è rappresentata per l’appunto da uno di essi, caduto e poi perdonato; sovente cristiani e musulmani, associano quello stesso angelo a Satana. Gli yazidi, quindi, sono stati molte volte considerati «adoratori del diavolo» e ferocemente perseguitati.

In tutto il mondo, se ne stimano 700.000 circa. Da quando vasti territori dell’Iraq settentrionale e della Siria sono in mano all’IS, il cosiddetto Stato islamico, diverse migliaia di loro, inclusi molti bambini, sono morti massacrati o per le estenuanti fatiche dovute alla fuga. Recentemente, 130.000 abitanti di Singiar, città yazida, hanno trovato rifugio nei territori curdi, mentre 40.000 fuggitivi rimasti intrappolati nelle montagne, sono stati tratti in salvo a seguito dei bombardamenti USA sulle postazioni yazide. La loro comunità più importante al di fuori del Medio Oriente vive in Germania (circa 50.000 individui), mentre in Svizzera vi sono alcune centinaia di loro.

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